I ragazzi che fino a qualche istante prima lo avevano arato con le loro corse erano spariti.
Il
solco lasciato alle sue spalle dai suoi mocassini si richiudeva
sospinto da una folata brezza autunnale. Prima di lasciare la propria
comoda cattedra aveva dato, senza ironia, una mezz’ora di vantaggio al
mondo certo che, prima o poi, l’avrebbe raggiunto.
Camminava sconsideratamente, la testa appesa a ciondolare su pensieri futili e fragranti. Pensava all’amore.
Pensava all’amore dei diciottenni, romantico, sciocco, libero di sbattere, contorcersi e dilatarsi fino al dolore.
Pensava all’insensibilità dell’amore, al suo egoismo, alla distanza che scava dal mondo.
L’amore è una catena alimentare. Zoologico ma corretto. Il grande mangia il piccolo.
L’attrazione
sensuale per la fulva ventiduenne ingloba il casto bacio sulla guancia
rosata della tredicenne. Non può fare testo, poi, lo scoprire che la
tredicenne di allora è adesso una splendida donna e che si prova una
sottile gelosia nel vederla passare per strada, insieme al marito...
Howard alzò la testa e non vide nessuno.
....Mente
la fulva, con tanto di gambe tornite e florido seno, si è, nel
frattempo, trasformata nella più agitata rompiscatole della storia
recente.
Quella sera Howard arrivò a casa, depose la cartella,
chiuse la porta, si dimenticò completamente di prepararsi la cena. Si
sdraiò sul divano a occhi chiusi e ripensò a se stesso che entrava in
casa, deponeva la cartella, si toglieva la giacca, accendeva lo stereo,
metteva una teiera sul fuoco, apriva il frigorifero e a tutta la
sequenza di operazioni attinenti ad una sera come quella.
Delicatamente, questa volta senza nemmeno chiudere gli occhi, Howard
decise che avrebbe lasciato correre i propri squadroni di pensieri
attraverso il campo di battaglia, limato dalla luce trasversale
dell’imbrunire, che aveva preso possesso della sua testa, e avrebbe
ordinato loro di muovere alla ricerca dell’accampamento nemico, ovunque
esso fosse. La ricerca ebbe inizio. E
prese la forma del ricordo, vaghissimo, di come l’occorrenza di una
visione, la sensazione di una presenza, la percezione di delicate
afrore, possa risultare così violentemente forte e vera. Nella sua
immaginaria scena si materializzavano stratificazioni di ombre, come
veli di polvere su una cassettone dimenticato in una soffitta. Sulla
superficie del legno si disegnavano onde quasi impercettibili e
contorni e figure; dentro i cassetti un intero universo pareva sul
punto di esplodere da un momento all’altro, dispiegando una volta per
tutte il mistero di un incontro. Se di incontro si poteva parlare,
visto che nemmeno lui stesso, prof. Howard Caxton era sicuro che fosse
realmente accaduto.
Accaduto... cosa?
I sensi sono organizzati in una gerarchia convenzionale ed efficace, che definisce come vero, anzi +
vero, qualcosa che si tocca, rispetto a qualcosa che si veda soltanto e
poi via via verso l’udito, il gusto e l’olfatto. Quindi come si può
assegnare un minimo di attendibilità a qualcosa, o qualcuno, che si sia
soltanto percepito e forse odorato?
Mise il naso nella tazza che,
non si sa come, era finita tra le sue mani. Il the ristagnava, amaro e
freddo. Curiosa assonanza con altre sensazioni. Amara e fredda, questa
definizione calzava perfettamente con una opaca raccolta di ricordi
recenti. Un sorso per confermare le stesse, spiacevoli esperienze.
Non
era sempre stato così. C’era stato calore e dolcezza, c’era stata
passione, forse affetto. Ma era stato tanto tempo fa, anche lo spazio
era stato diverso.
Era Londra, erano gli anni '90, musica grunge, cantine, birra e spinelli.
Howard guardò con compassione il sigaro che reggeva distrattamente tra le dita.
Sam era rossa, pazza e favolosa.
Ma era roba del secolo scorso. Adesso c’era la scuola, la casa con giardino, la musica classica e i sigari.
E Samantha era rossa, saccente e noiosa.
Non
si erano sposati, non vivevano neanche insieme. Lei, assistente
sociale, continuava ad avere a che fare con storie di disaffezione e
droga ma l’occhio era diventato clinico. Anche con lui. Sua madre aveva
perso la speranza di organizzare un bel matrimonio e sopperiva
preparando arrosti di tacchino e pasticcini da the. Niente di strano
che Howard si lasciasse invadere, senza offrire resistenza, a sogni
romantici e stucchevoli; che permettesse al lavoro di permeare le sue
giornate anche contro la sua volontà.
Sulla credenza campeggiava la posta della settimana:
pubblicità, rendiconti bancari e qualche opuscolo di qualche Reale
associazione. Senza traumi i fogli colorati prendevano posto nello
spazio ad dessi destinato, una capiente scatola di cartone, anticamera
della raccolta differenziata. Un ultimo depliant osservava dall’alto
della scrivania la misera sorte dei propri colleghi. Howard focalizzò
per un attimo l’attenzione su uno. Un attimo dopo si stava versando una
ulteriore amara tazza di the.