la televiSione di qualiTà all'ASSALTO di HOllYWooD
E
se gli sceneggiatori televisivi prendessero il potere? Che cosa
diventerebbe il cinema americano se fosse consegnato alle penne
ingegnose che hanno inventato I Soprano o 24 ore?
Non sono ipotesi fantasiose ma la fotografia di un fenomeno già in atto
da tempo: la Paramount e Tom Cruise hanno scelto J.J. Abrams, lo
sceneggiatore tv più caldo del momento, per confezionare Mission: Impossible 3; il prossimo Harry Potter è stato affidato a David Yates, regista della BBC; Ryan Murphy, il creatore di nip/tuck,
ha appena finito di girare il suo primo lungometraggio. Prima ancora di
arrendersi all’evidenza, l’industria hollywoodiana, per superare la
crisi in cui versa, corteggia disperatamente la qualità televisiva. Friends, E.R., I Soprano, Six Feet Under, Alias, Sex and the City, The Shield, Lost,
insomma la nuova generazione delle serie tv ha rivoluzionato molte
certezze: brillanti, audaci, violente, sono diventate il nuovo eldorado
creativo dell’intrattenimento tanto da incenerire i film sia nei record
di ascolti che nelle vendite in dvd. Una delle chiavi del successo
delle serie contemporanee è l’impressionante galleria di personaggi che
ispirano l’immediata simpatia dello spettatore e sono capaci di farlo
riflettere sui rapporti di potere, la violenza, il sesso o la politica.
Un rapporto “in diretta” con il mondo contemporaneo che è una delle
lacune più lampanti di Hollywood. Non solo. Le innovazioni della nuova
fiction televisiva americana sono anche di ordine estetico e narrativo.
Il formato seriale, la costruzione in episodi, incoraggia delle idee di
regia e di racconto radicalmente nuove che richiedono allo spettatore
un’attenzione sostenuta e un rapporto fedele. Concludere che il cinema
è moribondo e la televisione la sua salvezza, è però una tesi fin
troppo semplicistica. I rapporti di forza tra il piccolo e il grande
schermo si sono soltanto intensificati e complicati. Hollywood ha preso
le misure della recente evoluzione dei serial e cerca di cooptarne le
forze più vive. Resta da verificare se i geni della televisione
riusciranno a reggere il confronto con il cinema. I primi segnali non
sono incoraggianti: Joss Whedon, il papà di Buffy, ha steccato il suo esame d’ammissione con il modesto Serenity
e le esperienze hollywoodiane di altri sceneggiatori televisivi si sono
trasformate in un incubo. Allora la nuova alleanza tra cinema e
televisione di qualità resterà un’utopia? A questa domanda dovrebbe
rispondere proprio Mission: Impossible 3, che potrebbe
diventare la catena mancante dell’evoluzione o, al contrario,
dimostrare quello che fin qui è solo un legittimo sospetto: togliete un
talento del piccolo schermo dal suo elemento naturale e avrete un film
di compromesso come tanti. Mission: Impossible 3 di J.J. Abrams, in sala dal 5 maggio
Oltre il ruMore del markETING
Come
è consuetudine da qualche anno, il mese di maggio diventa terreno di
scontro per i blockbuster tardivi, prima delle interminabili “vacanze”
delle sale italiane. Il 2006 vede in lizza addirittura tre colossi
hollywoodiane che, da mesi ormai, ci bombardano con le loro campagne
promozionali: Mission: Impossible 3, Il codice da Vinci di Ron Howard (19 maggio), tratto dal best seller di Dan Brown e infine X-Men: Conflitto finale
(26 maggio), ennesimo sequel di un film fumetto di successo. Se questi
“moloch” sono i cannibali annunciati del botteghino primaverile, non
mancano le sorprese e le curiosità off-Hollywood, a cominciare da Bubble
(12 maggio), nuova opera esperimento di Steven Soderbergh, un ritratto
amaro della provincia americana, recitato da attori non professionisti.
Un’operina divertente è invece Romance and Cigarettes (5
maggio), diretto da John Turturro: un musical allegro e malinconico su
amore e tradimenti, rinforzato da interpretazioni smaglianti e da
dialoghi sguaiatamente surreali. Per i cultori del nuovo horror, un
appuntamento da non perdere è La casa del diavolo (12 maggio) di Rob Zombie, rockstar convertita al cinema che, dopo il notevole La casa dei mille corpi,
prosegue il suo recupero della tradizione horror anni settanta. Sul
fronte europeo, il film più atteso del mese è senza dubbio Volver
(19 maggio) di Pedro Almodovar, che segna il ritorno del maestro
spagnolo alle sue tematiche più care: donne, vento e fantasmi per una
storia dai forti connotati autobiografici. Ma dai fondi di magazzino
della distribuzione italiana esce finalmente un altro gioiello troppo a
lungo nascosto: il francese I re e la regina (12
maggio) di Arnaud Desplechin, visto due anni fa a Venezia. Analisi
serrata del rapporto tra una donna e il suo passato, riesce a diventare
un’acuta riflessione universale su memoria, mito e rapporti
interpersonali.
a SUD di nessun nORd
Intervista Laurent Cantet
Sbrigativamente
classificato nella categoria dei registi «sociali», il francese Laurent
Cantet è invece un filmmaker politico il cui soggetto centrale si
affina di film in film: le procedure di controllo della società
sull’individuo e il loro carattere pervasivo. Ispirato a tre racconti
dello scrittore Dany Laferrière, Verso il sud,
il suo quarto lungometraggio, ci parla del dominio del nord sul sud del
mondo, dei ricchi sui poveri, della miseria sessuale e del suo
contrario. E lo fa con grande umanità, senza cedere mai alle
scorciatoie ideologiche.
Come mai hai deciso di adattare dei racconti così poco cinematografici come quelli di Dany Laferrière?
Mi
hanno colpito proprio per la loro qualità letteraria: si tratta di
monologhi autonomi di diversi personaggi, che assomigliano più a delle
confessioni private che a un racconto drammatico. Ma mi lasciavano lo
spazio per costruire una vera sceneggiatura attorno a brandelli di
trama. Il film poteva nascere da questi racconti senza esserne la
copia.
Qual è il soggetto che ti stava più a cuore dei molti affrontati da Dany Laferrière?
Ciò
che mi interessava può essere riassunto in un’affermazione: non ci sono
da una parte le povere vittime e dall’altra dei ricchi che le
sfruttano. In Verso il sud, i conti non tornano per nessuno. Le
donne americane vengono ad Haiti per dimenticare la realtà di una vita
senza gioia. Per Legba, l'hotel è il solo luogo in cui può saggiare la
sua dimensione umana, sistematicamente negata all’esterno. C’è un vero
scambio tra lui e le donne.
La scelta di Charlotte Rampling conferisce al personaggio Di Ellen una rara complessità…
A
differenza che nei miei film precedenti, per il ruolo di Ellen volevo
un attrice celebre e proiettarla in contesto completamente diverso, un
po’ come ha fatto Roberto Rossellini con la Bergman in Stromboli. In questo caso l’aura da diva di Charlotte Rampling non solo era necessaria ma ha arricchito il suo personaggio.
Verso il Sud di Laurent Cantet, in sala dal 26 maggio
UN MONDO a PARTE
Aki
Kaurimaki è un regista finlandese. Ma non è la sua unica particolarità,
Kaurismaki produce un cinema così eccentrico e sorprendente da essere
insostituibile. Attratto dalle vite marginali e dalle situazioni
paradossali, sprigiona un affetto per i personaggi e le tragedie della
vita davvero travolgente. La Dolmen, casa di distribuzione che segue
con occhio attento il cinema d’autore meno accademico, ha
meritoriamente editato in dvd un paio dei suoi film più centrati: Ombre in paradiso (1986),
una rarità per l’Italia, che racconta la malinconica storia d’amore tra
un conducente di camion della nettezza urbana e una cassiera e La fiammiferaia (1989), uno dei suoi capolavori più celebrati, aspro racconto neorealista sulla vita disperata di un’operaia. Peccato
che non ci sia nessun extra a impreziosire l’edizione e a contribuire
ulteriormente alla diffusione del «morbo» Kaurismaki.
Ombre nel paradiso e La fiammiferia di Aki Kaurismaki, Dolmen, euro 15,90.